Lungi da me l’idea di un’ennesima riflessione sul comico o di un invito ad uno spiritualismo ottimista. Solo, prima di partire per una breve gita parigina, volevo lanciare questa minuscola provocazione di links (che personalmente preferisco chiamare ponti) e cogliere l’occasione per riflettere in formato digigrammatico su quanto sarebbe straordinario per un giovane motivato ed entusiasta poter essere insegnante oggi, ma con un contratto più lungo di 2/6/10 mesi. Un insegnante è un battistrada che apre percorsi, un operaio addetto alle valvole di una fucina di macchinari nuovi e poco oliati, un enzima nei panni di un essere umano, spesso un dottore in psicologia più che un dottore in lettere.
Uno dei compiti più ardui? Dimostrare che lo studio della letteratura serve per fare letteratura, per operare nel mondo attraverso la parola, per potersi un giorno scrollare di dosso il peso dei precetti e delle regole e per creare autonomamente e con il coraggio di infrangere i vecchi schemi, di capovolgere le convenzioni e di volare in alto sostenuti dalle ali salde dei buoni modelli.
Uno dei compiti più ardui? Dimostrare che lo studio della letteratura serve per fare letteratura, per operare nel mondo attraverso la parola, per potersi un giorno scrollare di dosso il peso dei precetti e delle regole e per creare autonomamente e con il coraggio di infrangere i vecchi schemi, di capovolgere le convenzioni e di volare in alto sostenuti dalle ali salde dei buoni modelli.
Questo post è per ringraziare tutti i miei ex studenti, tutti gli allievi del Liceo Giordano Bruno e del Liceo Minghetti, i ragazzi delle lezioni private, i piccoli, i medi ed i grandi.
Spero di poter un giorno rientrare in una classe e dire: “Ragazzi la vostra fortuna ed il vostro dramma è che ancora mi ricordo cosa significa essere studente!”.
ALDO PALAZZESCHI
Il controdolore
"Dio non à né corpo, né mani, né piedi, è un puro e semplicissimo spirito".
Ma chi volle dare un'immagine agli uomini di questo fattore dell'universo, dovette servirsi di una immagine umana e ce lo fece vedere uomo. Fu un omone grande grande, o nudo, dalle membra e dai muscoli ciclopici, o con un magnifico peplo e con sandali, con capelli e barba meravigliosi, con l'indice titanico della mano levata inaria terribile di comando: luce o tenebre, vita o morte. Se uomo volete raffigurarvelo, per comodità del vostro cervello, questo spirito supremo ed infinito, perché grande, quando voi dovete forzatamente fissare dei limiti a questa grandezza? La vostra non potrà mai arrivare alla sua, dunque pensate addirittura ad un uomo come voi e sarete al vostro posto. Perché in peplo e non in tait? Perché in coturno e non con un comune paio di scarpe walk-over? Perché un'immagine seria e relativamente grande è più facile di una relativamente piccola e allegra. E' il suo spirito che voi dovete riuscire a scoprire; il suo corpo, che non esiste, potete raffigurarvelo come vi pare e piace. Se io me lo figuro uomo, non lo vedo né più grande né più piccino di me. Un omettino di sempre media statura, di sempre media età, di sempre medie proporzioni, che mi stupisce per una cosa soltanto: che mentre io lo considero titubante e spaventato, egli mi guarda ridendo a crepapelle. La sua faccettina rotonda divinamente ride come incendiata da una risata infinita ed eterna, e la sua pancina tremola, tremola in quella gioia. Perché dovrebbe questo spirito essere la perfezione della serietà e non quella dell'allegria? Secondo me, nella sua bocca divina si accentra l'universo in una eterna motrice risata. Egli non à creato no,rassicuratevi, per un tragico, o malinconico, o nostalgico fine; à creato perché ciò lo divertiva. Voi lavorate per alimentare bene voi e i vostri figli, non per fare con essi lunghi sbadigli di fame. Egli lavorò per tenere alimentata la gioia sua ed offrirne alle sue degne creature. E comprenderete bene che per divertirsi tutti in eterno, ce ne vogliono dei curiosi ed eterni spettacoli! Come avevate potuto pensare che egli avesse creato se ciò fosse stata cosa tediosa? Come poteva venirci da questa forza smisurata, opera da perditempo senza spirito? Bando dunque a tutta la vostra serietà, se volete comprendere qualche cosa di lui e della sua creazione, e specialmente di questa piccolissima parte che ci riguarda: la nostra terra. Il sole sarà, per esempio, il suo giuoco preferito per lunghe interminabili partite di pallone; la luna il suo specchio comico dalla luce tutta bitorzoluta, cosicché egli potrà vedervisi nelle più ridicole maniere, La nostra terra non è dunque che uno di questi suoi tanti giocattoli fatto precisamente così: un campo diviso da una fittissima macchia di marruche, spini, pruni, pungiglioni. A' posto l'uomo da un lato dicendo ad esso: attraversala, là è la gioia, è il largo, la vita degli eletti, vivrai coi pochi coraggiosi che come te l'attraverseranno. Riderai del dolore dei poltroni, dei paurosi, dei caduti, dei vili, dei vinti, Fino dal primo momento l'uomo è in massima parte rimasto fuori a lamentarsi, a considerare lo spessore dell'oscuro ammasso del prunaio, a misurare la proporzione, la lunghezza, la quantità, la posizione degli spunzoni, a tentare di contarne il numero, a cercarvi un introvabile pertugio, a far paragoni fra questo e quello, invece di buttarvisi dentro risoluto. Alcuni vi sono in mezzo, incapaci di andare avanti o indietro, preferendo vivere con un pruno in un occhio, piuttosto che affrontarne uno non si sa dove. Questi gridano disperatamente, e i loro lagni scoraggiano sempre più quelli che sono ancora fuori, mentre fanno sempre più sganasciare dalle risa e tenersi la pancia per non liquefarsi dalla gioia, quei pochissimi che vivono ridendo, protetti dal loro signore, che al centro di tutte le cose ride più di loro.
Il piagnucolamento delle moltitudini esterne, solletica perennemente il bollore della loro allegrezza; le grida disperate di quelli che stanno dentro la siepe gli fanno dare lanci di giubilo. Ecco press'a poco il giuoco.
L'uomo che attraverserà coraggiosamente il dolore umano godrà dello spettacolo divino del suo Dio. Egli si farà simile a lui, attraversando questo purgatorio di spine ch'egli gli à imposto per godere primo lui e comunicare la stessa gioia ai suoi diletti, egli, corpo umano, ma perfettissimo, che non à sulle sue membra di gioia una sola cicatrice di dolore.
Uomini, non siete creati, no, per soffrire; nulla fu fatto nell'ora di tristezza e per la tristezza; tutto fu fatto per il gaudio eterno. Il dolore è transitorio (voi soli ne eternate l'esistenza con la vostra paura); la gioia è eterna. Ecco il vero peccato originale, ecco il solo fonte battesimale. Vili! Paurosi! Poltroni! Incerti! Ritardatari! Passate la macchia! Se credete che sia profondo ciò che comunemente s'intende per serio siete dei superficiali. La superiorità dell'uomo su tutti gli animali è che ad esso solo fu dato il privilegio divino del riso, Essi non potranno mai comunicare con Dio. Un piccolo e misero topo, può farci udire il suo pianto, i suoi lamenti; nessun animale ci à fatto ancora udire una calda sonora risata.
Che il riso (gioia) è più profondo del pianto (dolore), ce lo dimostra il fatto che l'uomo, appena nato, quando è ancora incapace di tutto, è però abilissimo di lunghi interminabili piagnistei. Prima che possa pagarsi il lusso di una bella risata avrà dovuto seguire una buona maturazione. […]
[segue una provocazione sempre più incalzante]
[segue una provocazione sempre più incalzante]
Che dire...sei divina!!! E' senza dubbio uno dei brani più veri e più sensati che io abbia mai letto riguardo al Grandioso Buon Signore!
RépondreSupprimerSe molte persone lo leggessero magari rimetterebbero un pochino in discussione il loro modo insensato di vivere "con un pruno in un occhio" pur di non rischiare di spostarsi da quella ridicola e assurda sofferenza che tuttavia conoscono e sanno gestire meglio di ciò che non conoscono....così per codardia si rifiutano di conoscere il coraggio e la gioia!