samedi 26 novembre 2011

La piel que habito



… Vive ormai in un appartamento accanto ad un minuscolo cinema d’essai. Sul portone un curioso cartello: “Con meno di tre spettatori la proiezione sarà annullata”. Fortunatamente eravamo in 4 ad andare a vedere l’ultimo film di Almodóvar liberamente ispirato al romanzo di Thierry Jonquet, Mygale.  

Un caffè forte, anzi molto forte, ma di eccellente qualità. La mano del regista è come il bisturi del chirurgo plastico, non trema mai, non tralascia nulla. Tutto è curato nei minimi dettagli e direi molto più che d’abitudine: i quadri, gli oggetti, la scelta dei colori (molto rosso, bianco e nero, si vedano le locandine ed i titoli) le acconciature, le note di un’intera orchestra. Pochissime le scene di esterni: la sofisticatezza degli arredi domestici e delle sale chirurgiche si staglia contro immancabili scorci di Spagna (principalemente un cigarral presso Toledo). Del selvaggio carnevalesco che caratterizza altre pellicole di Almodóvar non resta che un povero tigrotto arrapato, il fratellastro di Robert Legrand.
Sono entrata con l’idea che mi sarei trovata di fronte ad un sarto simile a Buffalo Bill nel Silenzio degli innocenti e invece no. Il nesso pelle-vestiti c’è, non per niente la madre di Vicente/Vera gestisce una sartoria, ma la tela è molto più complessa ed avviluppa con parecchi metri di stoffa tutto il torbido ed il morboso dei rapporti familiari, filiali, coniugali, fraterni. 
L’atmosfera è glaciale, non si troverà il calore e la passione delle donne di Almodóvar, il sesso è violenza e dolore, l’amore è attaccamento perverso. Per chi guarda non lacrime, ma brividi a fior di pelle.
Ho visto un nuovo Almodovar, più preciso, più puntiglioso e certamente più tagliente che commovente. 
Fortuna che Penelope era occupata, perchè Elena Anaya era molto più adatta alla parte e l'ha sostenuta con particolare intensità. Come dimenticare nella scena finale quegli occhi rossi, liquidi di commozione, orlati di mascara Chanel, gli occhi di un figlio martirizzato che torna da sua madre?  
Ci si può chiedere se Vera avrà un futuro. Certo il personaggio potrebbe vivere ancora, magari in una serie, ma forse no, perché torturala ancora?

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