lundi 31 janvier 2011

È la dittatura della merda, ma non della tortura

Cos’altro ancora dobbiamo ascoltare, cos’altro ancora dobbiamo vedere? Vogliamo continuare a restare sordi, ciechi e soprattutto muti? Vogliamo trastullarci nell’illusione che prima o poi l’immondizia finirà di pioverci addosso?
Le parole dell’uomo che concludono il film reportage di Sabina Guzzanti Draquila, l’Italia che trema sono sacrosante:
È la dittatura della merda, ma non della tortura ... Oltre un certo limite non hai la forza per opporti a questo … Io ho parlato con un sacco di gente che è stata sotto le dittature … Dopo anni ripetevano: “Adesso cade, non può durare”. Questa è la grande illusione: che ciò che è vuoto e che è fasullo non possa durare. Non è vero: dura.
Ma chi lo fa durare? Chi permette ad un individuo immorale, ad un criminale incallito, ad un nano repellente di governarci e di rappresentarci nel mondo? Noi. Noi con la nostra modesta esistenza, noi che annaspiamo tirando a campare nella melma che ci circonda, noi che scappiamo all’estero, noi che ci tappiamo le orecchie, che ci accontentiamo di addormentarci tutti i giorni dicendoci: “nel mio piccolo ho la coscienza pulita”. Io mi riconosco in parte responsabile della situazione attuale, perché finora ho taciuto e non ho reagito. Mi vergogno, mi vergogno profondamente da Italiana all’estero della nostra omertà, del nostro lassismo, del nostro rincoglionimento morale. Forse i nostri genitori ci hanno dato troppo da mangiare e poco coraggio da investire nella lotta.
La ricordate tutti la telefonata tra gli imprenditori Piscicelli e Gagliardi intercettata dopo poche ore dal terremoto dell'Aquila:

A: Alla Ferratella occupati di sta roba del terremoto, qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno, B: No, lo so (risata comune) A: Così, per dire, per carità poveracci … Vabbuò, ciao. B: Io ridevo stamattina alle tre e mezza dentro al letto. A: Io pure (risata). Vabbuò va, ciao.

Ridevano di uomini, donne e bambini morti. RIDEVANO.   

Ridevano come alcuni immaginano che abbia riso Nerone vedendo Roma in fiamme la notte del 18 luglio del 64 d. C. L’imperatore romano è stato pesantemente accusato dagli storici contemporanei e rivalutato solo da una parte della storiografia moderna, noi il Premier lo abbiamo lasciato proseguire a briglia sciolta nel suo delirio fino allo scoppio degli ultimi scandali.  
Leggi ad personam, truffe, speculazioni, falsi in bilancio, insulti ai cittadini ed abusi contro le donne, contro ragazzine, sfruttamento di una catastrofe, connivenza con la malavita organizzata, rovina della reputazione del paese a livello planetario. Nel mondo ci si chiede: dove sono gli Italiani? Perché sopportano ancora?

NON  È NORMALE. QUESTO NON È NORMALE!    

mercredi 26 janvier 2011

Le altre donne

Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga ...
 Riporto di seguito il brano di Concita De Gregorio. Un monito forte, una sintesi perfetta del caso Italia, un'analisi che mi trova del tutto concorde e che credo rifletta il pensiero di molte e di molti.

Le altre donne


Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».

Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.

Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.

La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.

Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.

Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo.


jeudi 20 janvier 2011

historyteachers

In ufficio abbiamo riso tutti come matti. Per i classicisti vorrei segnalare Macedonia ("My Sharona"), Pompeii ("Bang. Bang"), Viva Roma n. V ("Mambo n. 5) e l'esilarante Julius Caesar ("Besame mucho")! E comunque sempre tanto di cappello a chi riesce a dissacrare, senza sconfinare nel cattivo gusto, il mondo plumbeo e polveroso degli studi storici. Grazie agli autori, chiunque essi siano.
Amusez vous ...

http://www.youtube.com/user/historyteachers  

Heliodora

samedi 15 janvier 2011

My aim is ...

Pare sia buona norma che tutto cominci con una dichiarazione d'intenti. A me queste norme formali stanno un bel po' strette. Siamo così soffocati dalle convenzioni che pensare di rispettarle anche in uno spazio come questo mi sembra un paradosso. Dichiarerò perciò solo "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". 
Sebbene il nome Digigrammata, sul quale un giorno forse mi soffermerò, possa suggerire il contrario, questo non è un blog di lavoro. Il lavoro non è un argomento proibito, perchè fa parte della vita, ma non è la vita e per fortuna! 

È invece molto più probabile che quanto scriverò possa non farmi trovare mai un posto a tempo indeterminato nel seriosissimo mondo della ricerca scientifica, ma questa possibilità era remota anche prima, pertanto me ne sbatterò sontuosamente la fava. 
Questo non è quel che viene definito un diario di bordo. Un diario comporta una sorta di regolarità che non rientra nelle caratteristiche di questo blog. Non vorrei MAI dovermi scusare perchè non scrivo da mesi! Se avessi voluto esternare tutto quello che mi passava per la testa 24 ore su 24 avrei aperto un account Facebook, se avessi voluto portare i miei sms ed i miei dialoghi in piazza mi sarei messa su Twitter "il miglior modo per scoprire le novità del momento nel tuo mondo" ovvero il miglior modo per scoprire i fatti degli altri con la scusa di tenerti informato. Sono invece certa che la mia voce su Digigrammata tacerà per lunghi periodi per cause di forza maggiore o semplicemente perchè non avrò nulla di interessante da comunicare. In questi periodi mi farebbe comunque piacere sapere che qualcun'altro continua a scriverci. Alla fine il mio più grande desiderio è che questo non sia solo uno spazio personale, ma uno spazio di scambio libero per chi ha qualcosa da dire o da annunciare su argomenti vari, la cui natura sarà di volta in volta decisa da chi scrive e da chi partecipa alle discussioni. Un porta aperta all'esigenza di comunicare su fatti seri, semiseri, umoristici, di vasto, medio e piccolo interesse, una porta aperta verso gli altri che nasce ovviamente per una spinta egoistica e sull'onda di un esibizionismo che ormai non fa più alcuno scalpore.
Un'ultima premessa riguarda la lingua: su Digigrammata si può scrivere in qualunque lingua terrestre, alla peggio esistono i traduttori automatici, strumenti che fanno acqua da tutte le parti, ma che hanno una loro indubbia utilità. Io scriverò principalmente in italiano. Anche se sono quel che resta di un cervello in fuga, un'emigrante, una polentona sbarcata nella Gallia Narbonense, una precaria in cerca di fortuna nel mondo, anche se lavoro in tre lingue e vivo parlandone quotidianamente almeno due, le perle migliori le so dispensare meglio nella lingua madre.
Tuttavia, non mi negherò ogni tanto il piacere di deliziare amici e colleghi francofoni ed anglofoni con qualche cadeau o qualche present nel loro idioma!
 
 Heliodora

vendredi 14 janvier 2011

Diamo subito i numeri: dieci buoni motivi per creare un blog

1. Perché se bisogna mettersi in piazza bisogna farlo a 360 gradi (e non a 90 che è molto più rischioso)
2. Perché Facebook non avrà mai il mio scalpo!
3. Perché sono ormai sufficientemente calata nei miei personaggi per poterli rendere pubblici
4. Per poter fare quello che non si dovrebbe fare
5. Per poter dire quello che non si dovrebbe dire
6. Per togliersi quei due o tre chili di sassolini dalla scarpa
6. Perché la crap factory non poteva restare chiusa a lungo
7. Per non intasare le mail degli amici di pagine creative
8. Per raccogliere lo sdegno di chi si prende troppo sul serio
9. Per soddisfare esigenze espressive inarrestabili
10. Per creare uno spazio di discussione libera (una bella frasona retorica alla fine ci sta sempre bene)

Licenza Creative Commons
digigrammata is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported License