lundi 25 février 2013

No women no progress


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Ipazia di Alessandria
Non so quanti abbiano notato, anche solo gettando uno sguardo alle foto sui giornali ed in rete, che, a dispetto di tutta la retorica pro-femminista, le grandi assenti di questa retoricissima e rumorosissima campagna elettorale sono state proprio le donne. Facciamo una rapidissima rassegna.
Elezioni primarie del centro sinistra: una sola donna, la Puppato, naturalmente rimasta in netta minoranza, accanto a quattro uomini.
Candidati-leader dei maggiori partiti in corsa alle elezioni: solo uomini, Bersani, Monti, Grillo, Berlusconi, Vendola, Ingroia, Giannino, Maroni.
Nella stampa, alla testa dei più importanti testate, solo direttori: il Corriere della sera, la Repubblica, L'Unità, il Fatto Quotidiano, la Stampa, Il sole 24 ore, l'Avvenire, il Resto de Carlino. Si salva il Manifesto con la Rangeri, che caso! Una volta si salvava anche l'Unità.
Quel che è più ridicolo è che tutti questi signori si riempiono la bocca di parole come parità, equità, uguaglianza e poi ... l'unica concessione che ci fanno è di usare il femminile prima del maschile nei discorsi pubblici, un piccolo contentino formale decoroso e poco dispendioso. 

  
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Nilde Iotti
Che la condizione delle donne in Italia sia infima e tristemente arretrata si sapeva già, ma la triste realtà è apparsa in questi ultimi mesi  ed in queste elezioni in modo talmente evidente che vi chiedo e mi chiedo, perchè? Mancanza di tempo? Mancanza di slancio? Mancanza di spazio? Talmente deluse che preferiamo stare a guardare? Talmente timorose che non vogliamo rischiare? Eppure accettiamo tanti compromessi, ci accontentiamo di essere "chirichette", portavoce, compagne, di fare le seconde, le terze. Ci sta bene servire, seguire, guardare, dormire?
Francamente preferirei entrare per seconda in una stanza o essere nominata per ultima, ma decidere per prima o solo, semplicemente, preferirei decidere. 
Qualcuno ha parlato della Bonino Presidente della Repubblica, sarebbe già un buon inizio ...

dimanche 3 février 2013

AVAAZ.org, Change.org &Co: CI VUOLE CHIAREZZA

La petizione linkata qui sotto è rivolta agli Italiani che si trovano temporaneamente all'estero per ragioni di studio o lavoro e che, in occasione delle prossime consultazioni elettorali, saranno costretti a tornare in Italia per votare. Siamo un paese in fuga, ma pare che i nostri rappresentanti non se ne curino affatto. 

Molti, avendo già una prospettiva lavorativa a lungo termine, hanno risolto la questione iscrivendosi alla lista degli Italiani all'estero. La maggior parte, invece, perchè il lavoro non è ancora stabile o per altri motivi che non stiamo a sindacare, è costretta a sobbarcarsi spese di viaggio piuttosto consistenti per esercitare un diritto che in altri paesi europei è fruibile tramite voto telematico o voto per procura. 
Ecco un bell'esempio di giusta causa come ce ne sono tante, con tanti buoni motivi per aderire. Il dito è pronto a cliccare per contribuire a modificare uno stato di fatto che limita l'esercizio di un diritto democratico. Il gesto è semplice, rapidissimo ed indolore, in pratica non costa nulla e dopo ti senti anche coscienza "civica" apposto!
Vai, firmi con disinvoltura e leggerezza, poi però ... si scoprono gli altarini ...

Il vettore dell'iniziativa promossa da Cristiano Lorenzi è Change.org, un'organizzazione for profit fondata nel 2007 i cui guadagni si basano sul numero di iscritti e sull'impatto delle petizioni lanciate dalla sua piattaforma.
Il business dell'attivismo on line esploso, guarda caso, l'anno prima delle elezioni statunitensi-2008, è in espansione. 
Quando si riceve una mail in cui ci viene chiesto un piccolo contributo senza spese a sostegno di una giusta causa, putroppo non si sta troppo a soppesare chi e cosa possa esserci dietro. Abbiamo imparato a diffidare di tutto, ma chi non ha ancora l'anima bruciata dal più cupo cinismo di fronte all'ingiustizia reagisce ancora d'impulso.
 
In questi ultimi mesi, spopolano anche le petizioni avanzate da AVAAZ.org, io stessa ne ho firmate alcune perchè le ho trovate legittime e ben motivate.
Quando poi ho preso qualche ora per farmi un'idea più precisa della storia e della politica interna dell'organizzazione ho fatto un gran balzo indietro. Mi sono sentita tradita, mi sono pentita di aver dato credito ad una struttura il cui assetto, scopo e la cui natura non sono stati chiari da subito.
Dato che non sono ancora venuta a capo della questione, mi limito a mettere in chi leggerà questo post qualche pulce nell'orecchio. Ecco una serie molto variopinta ed interessante di articoli (alcuni forse un pochino estremi!) in merito ad un'organizzazione che, pur dichiarandosi no profit, internazionale e non governativa, pare non essere totalmente estranea agli interessi del paese in cui è nata ed in cui ha sede il suo direttivo. 
 
Sostenere il governo USA senza saperlo: il grave esempio di “Avaaz”

 
AVAAZ: Se la conosci la EVITI!
  
Avaaz: activism or 'slacktivism'?

Avaaz : un écran de fumée occultant les bombes libératrices à uranium appauvri

Di pezzi di questo tenore ce n'è una lunga serie in diverse lingue.

Dato che l'attivismo in rete non dovrebbe, in linea di principio, trasformarsi in un giro d'affari torbido, per parte mia preferisco non sostenere chi non opera in maniera trasparente.
Non si chiede a queste organizzazioni/società di abbandonare la causa del profitto o di mutare il loro orientamento ideologico, si chiede solo che la loro posizione ed i loro scopi vengano precisati all'atto di iscrizione.
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